martedì 24 ottobre 2017

Le bugie bisogna saperle raccontare, come del resto le barzellette...

... e se non permettiamo di dirle ai bambini, cara ISTAT, tu allora, quantomeno, raccontacele in un modo più "credibile".

Il caso più recente è quello sui dati raccolti, che vi impongono di affermare che i decessi sono calati  ancora di un -5% e da cui emerge che l' aspettativa di vita si è ulteriormente allungata di ben 5 mesi, rispetto al rilevamento del 2013. 
Per cui, è qui la cosa da semplice dato statistico, diviene un servizievole marciume da inciucio politico, diviene elemento indispensabile per far confermare che l' età pensionabile va portata a 67 anni.
Concordo, con chi potrebbe ora dire, che i dati statistici sono forniti da noi cittadini sia in modo cartaceo che utilizzando la rete. E quindi come tali fornitori di una verità. Ma vero è anche che la gestione dei numeri viene poi elaborata e potrebbe variare con la messa a confronto del nudo dato con il variare della storiografia delle indagine che essa ha nei propri archivi ed con cui viene successivamente analizzata e messa in rapporto.
Vedo di spiegarmi meglio.
Partiamo allora, come ci spiega Wikipedia, con la data di nascita dell' ISTAT : nel "ventennio" quando "...fu istituito come Istituto Centrale di Statistica nel 1926 (legge 9 luglio 1926, n. 1162), durante il Fascismo, per raccogliere, in forma organizzata, alcuni dati essenziali riguardanti lo Stato. È stato in seguito riorganizzato, con il decreto legislativo 6 settembre 1989, n. 322 che ha istituito il Sistema Statistico Nazionale (SISTAN) e ha dettato norme sui compiti e l'organizzazione dell'ISTAT, cambiandone tra l'altro la denominazione in Istituto nazionale di statistica...". Due date :1926 e 1989.
Evidentemente, diciamolo onestamente, quel - raccogliere in "forma organizzata" alcuni dati essenziali riguardanti lo Stato - è stato riorganizzato nell'89,  un po' "all'italiana" e forse mantenendo quell'essenzialità tanto cara agli scopo governativi.
Dal 1926 a tutto il 1943 posso pensare che quei dati fossero, come dire, un po' manovrati a secondo di quanto facesse comodo allo "Stato" di allora, (ricordo il milione di baionette o il numero degli iscritti al Fascio) che proprio democratico e trasparente non era ? O no ?
Posso pensare che dal 1943 fino al 1945 (o anche '46/'47) ci fossero delle priorità ben più importanti ed impellenti che raccogliere dati per l' ISTAT.
Ecco che allora, i dati sulla mortalità, sulle aspettative di vita, avendo un periodo di tempo molto più breve e limitato, potrebbero non risultare, alla fine, così veritiere, come vogliono farci credere per poter poi confermare che gli italiani sono tutti belli, alti, con gli occhi azzurri, godono buona salute e muoiono quando si ricordano. Appunto, quanto si ricordano, ma dal momento che non diventano  mai "vecchi" ma solo anziani e con l'anzianità si dimentica, ecco che una delle cose che si scordano,... è proprio quella di morire.
Per via di questa storicità che manca o la si ha a singhiozzo e sporadicamente, scherzi a parte, quei dati relativi alla mortalità-aspettativa, dovrebbero essere rivisti tutti e ben suddivisi in due trance: una relativa a chi è nato nei primi del '900 (centenari) e un altra a partire dal 1950.
So che potrebbe far comodo, ma non si possono fare le somme utilizzando le pere e le mele facendo di tutta l'erba un sol fascio. 
Sono solo i "vecchi" di una volta che campano tanto e si "scordano" di morire. I nati dal '50 in poi lo sapremo a suo tempo negli anni 2050 o giù di lì. Gli immortali di oggi  sono quelli che non sapevano che cosa fosse il "sushi" o il "sashimi" al più conoscevano la sardella o l'arringa affumicata,  che mangiavano pane (fatto e cotto in casa dalla vergara) e cipolla dell'orto (concimato con letame di stalla e di casa. Gente che beveva l'acqua del fiume e non ancora quella del "Cervino" imbottigliata nella plastica, quella che solamente nelle feste più "importanti" mangiava la polenta sulla spianatoia con una salsiccia al centro destinata a chi ci arrivava per primo, che beveva un bicchiere (ma anche due o tre) di vino rosso della sua vigna o di quella di chi si conosceva senza postare su FB l'etichetta della bottiglia ed il suo prezzo, che si spostavano con il somaro e che non conoscevano che cosa fosse un SUV, che se tuonava non temevano di essere colpiti dalle "bombe" d'acqua, che la carta di giornale la riciclavano nelle latrine, che la nebbia era nebbia e no smog (non sapevano che cosa fosse), che il verde e gli alberi erano salute e non impedimenti... e potrei continuare . 
Polenta e salsiccia

Ed oggi ancora qualcuno di costoro, seppur con due guerre mondiali sulle spalle (e le guerre segnano e neppure poco sia sul fisico che sull'anima), forse proprio per quegli antiquati motivi sopra elencati, ancora gode ottima salute alla faccia dell'INPS e della Lorenzin. Non è di certo la stessa cosa per chi è figlio del post-guerra, fritore di tutte le bellezze e le comodità della "così tanto cantata MODERNITA' che però fa fregarsi le mani all'INPS e sorridere la Lorenzin.
Anche i dati raccolti relativi alla mortalità dei bimbi dovrebbero essere riveduti e forse corretti. Una volta, è vero, morivano per gli stenti, di malattie debellate con i vaccini o di parto ancor prima di vedere la luce. Oggi, fortunatamente, non è più così. Ma sarebbe anche giusto conoscere quanti di questi piccoli esseri muoiono colpiti da malattie che il progresso con le sue "modernità" ci ha regalato: in primis i Tumori. Ed allora qual'è il saldo di questi due aspetti? Era meglio prima o è meglio oggi.
Ma si, facciamo finta di crederci, quanto e quando ci raccontano malamente queste panzane ed in maniera poco credibile.
Perché qualora avesse ragione il sottoscritto, il progresso sarà stato anche bello, ma forse è stato troppo repentino, difficile da controllare e da comprenderne il giusto livello di utilizzo e senza quegli eccessi (come invece avvenuto!). Ora tornare indietro non si può (dicono i più) o meglio non si VUOLE (penso io) ecco che quindi, molti, per non essere costretti a rinunciare a tante comodità superflue oggi ritenute indispensabili, preferiscono nascondere la testa sotto la sabbia, bevendosi quello che viene raccontato. E la sintesi che ne viene fuori è questa: facciamo finta di credere ancora alle favole, stiamo silenziosamente a meditare su che cosa sia meglio se morire comodi o scomodi, se lavorare fino al raggiungimento del 40° anno di servizio o finire la propria esistenza a 67 anni sdraiati a terra, magari in fabbrica, in cantiere, in miniera o sopra un camion. L'ISTAT, l' INPS e la LORENZIN  soffiano sulle virtuali candeline poste sulla torta (anch'essa virtuale, costoro non regalano nulla) dei vs. (ve lo auguro) cento anni mentre, con il sorriso di circostanza da presa per i fondelli, ringraziano.







di Franco Giannini

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