venerdì 29 luglio 2016

Ecco come vede lo Sport di oggi, un anziano seduto in poltrona...

...Voglio parlare dei mutamenti, a mio vedere, avutisi nel corso di 50 anni, dalla Regina degli Sport : l' Atletica Leggera

Pensavo che il caso di Fiona May, visto il pensiero degli italiani in fatto di "ammodernamento", di accettazione dei cambiamenti, legati come siamo alle nostre tradizioni, dovesse rimanere un fatto isolato. L'amore di due atleti che s'incontrano e si sposano (con Gianni Iapichino astista e lunghista) e che regalano all'Italia, grazie alla loro unione, oltre che un nome di prestigio, un palmares notevole di medaglie nel salto in lungo. Poi credo che anche qualche altro atleta abbia ottenuto, con o per i motivi più disparati, il doppio passaporto e l'autorizzazione a rappresentare i nostri colori.
Ma io nel frattempo sono stato assorbito da altri impegni più da "adulti" e quindi ho abbandonato la frequentazione dei campi sportivi, o meglio di quello del "Dorico", e dapprima ho cercato tenacemente di continuare a seguire gli avvenimenti attraverso la "Gazzetta Rosa" e poi pian piano ho lasciato  cadere tutto nell'oblio del silenzio.
Oggi, superata la maggiore età e di tanto, mi sono ritrovato pensionato e pantofolaio, a cercare come ammazzare il tempo in questi assolati periodi estivi. Ed ecco imbattermi per pura casualità, nei Campionati Europei di Atletica Leggera seguiti (l'ho saputo nel corso di questi ascoltando i resoconti dei commentatori televisivi) dopo pochi giorni da quelli Mondiali degli U20.
L'ho già scritto, ma lo ripropongo solo per sottolineare che non sono proprio digiuno in materia; un broccolo sicuramente, ma appena appena un addetto ai lavori seppur con tante ragnatele tra le mani.
Le mie riminiscenze sportive da convinto "broccolo" di atleta praticante, nascono nei lontani anni di fine '50 (credo 56/57) da prima come mancato canottiere e con il successivo e definitivo sbarco, dopo neppure un anno, nel sodalizio della storica società anconetana della SEF Stamura, ma nel settore, appunto, dell'Atletica Leggera. Più esattamente nei lanci. Settore dove sono cresciuto, di peso corporeo, di statura e di età, rispettando coscienziosamente di lasciare invariato il mio livello di risultati, scadente, malgrado l'impegno. Ero infatti, diciamo un "atleta" che aveva abbracciato con passione il detto Decoubertiano dell' "essenziale partecipare". Però devo dire che il vivere in quell'ambiente mi fa dire anche oggi, dopo il trascorso di una vita, che quelli sono stati anni (fino al '68) che ricordo sempre con grande piacere e con un pizzico di rimpianto... valli a riprendere, infatti!
Premetto subito, seppur credo di averlo fatto capire quando parlavo della May, nel timore d' imbattermi in qualcuno a cui piace fare inutile polemica a costo zero, che quello che andrò ad affermare, non ha assolutamente nulla di sentimenti razzisti. Tutt'altro!! Mi sta bene quello che si sta facendo in fatto di integrazione, ma quello che non mi piace è che i soliti furbi "sfruttino" i termini quali per l'appunto "integrazione e "globalizzazione" solo per farsi belli!
Perché dico questo? Ma semplicemente perché ho notato un grande cambiamento seguendo da prima per una settimana i Campionati europei di Atletica e bissandone un'altra con quelli dei mondiali degli "Juniores".
Quello che ha assorbito la mia attenzione, infatti, non è stato tanto il livello tecnico. A quello ero preparato. E' logico che avrei trovato mutamenti, i tempi passano ed i miglioramenti avvengono, anzi devono avvenire, perché come si suol dire i primati sono fatti per essere superati!
Anche se da criticone quale sono, devo dire che anche alcuni aspetti di cui ci si lamentava 50 anni fa sembrano siano italianamene rimasti irrisolti. Mi sono ritornate a mente infatti le lamentele che faceva il povero  Scalabroni (deceduto in ancora giovane età) lanciatore di martello della SEF Stamura degli anni '60 (se ricordo bene!). Un bravo atleta lui e sempre se non ricordo male, a suo tempo campione e recordman regionale di martello. Il suo refrain ad ogni gara sia che gli andasse bene che se gli andava buca, era la lamentela che non c'erano campi idonei in cui poter lanciare. Vero è che una palla di bronzo del peso di 7 kg. e 260 grammi, lanciata a 60/70/80 metri di distanza quando atterra, lascia delle buche profonde e dopo un allenamento, un campo di calcio, si può considerare arato, tanto che diventa difficile da ricomporre. Ma del resto se si vuole che degli atleti si allenino, una soluzione bisognerebbe trovarla. Ed invece la stessa lamentela l'ho riascoltata dopo tantissimo tempo da Marco Lingua, lanciatore azzurro di questa specialità, partecipante agli europei,  che intervistato dalla telecronista TV , si scusava per la sua prestazione che non gli aveva permesso di qualificarsi meglio dell' 11° posto e nel contempo si lamentava giustamente di come per loro lanciatori, sia difficile reperire aree dove effettuare le loro prove.
La commozione non mi aveva abbandonato, riflettendo su questo problema e ripensando alla figura del buon Scalabroni, che un altro gigante buono, come del resto solitamente lo sono tutti quelli con masse muscolari enormi, un altro lanciatore, sempre azzurrino, passando nella postazione TV oltre ai commenti tecnici sulla sua prestazione (mi sfugge il suo nome!), mandava un ricordo al grande discobolo che non c'è più Silvano Simeon menzionando la grande rivalità agonistica con un altro grande lanciatore ascolano del periodo : Armando De Vincentis.
Si sa che i campioni non possono per ragion di cose ricordarsi di tutti i "broccoli" con cui hanno condiviso la pedana (in questo specifico caso), ma i "broccoli", quali il sottoscritto, si. Infatti appena ho sentito nominare De Vincentis, ha provato di nuovo un tuffo al cuore. Si, perché ho gareggiato spessissimo con lui e lo ricordo come fosse ora, quando da novello sconosciuto si presentò sulla pedana del Dorico arrivando a toccare si e no, i 35 metri : semplicemente uno sconosciuto tra i tanti di noi in quel momento). L'anno dopo lo rincontrai, e dal ragazzo robusto che conoscevo, lo vidi che si era tramutato in un armadio a quattro ante. Ma che fai culturismo? gli chiesi pensando onestamente (o disonestamente) ad altro - si non mi sono mai fatto i cavoli miei-. Invece mi spiegò che durante l'inverno, in palestra, il prof. "Vittori" (altro grande preparatore, anche lui di Ascoli P. che nel mondo dell'atletica ci "regalò" in seguito il Mennea che tutti abbiamo conosciuto) gli aveva fatto fare tantissimi esercizi di "isometrica". I risultati si videro al suo primo lancio quando fece volare il disco ad oltre 45 metri. Io posso dire che l'ho ricordato con piacere quando l'ho sentito nominare e per un attimo sono ritornato a quei giorni. Seppur non posso pretendere che altrettanto lui si ricordi altrettanto e bene di me. Se a quei tempi fosse esistito il "selfie" oggi sarei a regalare una foto a testimonianza di ciò che dico.
Passata questa rimembranza giovanile, ritorno doverosamente a dove avevo lasciato.
Non sono uno che si scandalizza tanto facilmente, ma vedendo i componenti della squadra turca ( ancora non era accaduto il golpe da 120 minuti con il quale si è tentato di prendere per i fondelli il mondo intero), giuro che gli aggettivi che mi sono usciti di bocca erano gli stessi che usavo il giorno post golpe nei loro confronti ( e non certo del popolo turco, ma dei suoi capi). 
Nelle file di questa nazione, che a mio avviso non dovrebbe partecipare neppure a questi campionati europei, trattandosi di uno stato asiatico (lasciamo la geografia da una parte!), hanno fatto passare per turchi, un numero inverosimile di atlete ed atleti Kenioti. Con il solo unico e per me inaccettabile scopo di portare il loro medagliere dall'ultimo posto ottenuto nei campionati del 2014 (con una sola medaglia di bronzo) a quella del 4° posto assoluto di quest'ultimo campionato appena concluso, avendone vinte ben 12.
Ed a questi poveri cristi, si pensi che gli hanno anche appioppato dei nomi turchi.
Ed il bello è che "il Mondo" e l' "Europa" in questo caso, accetta tutto passivamente senza obiettare.
Sono quasi tutti atlete/i, di fondo e mezzofondo, che hanno ottenuto una fin troppo facile "naturalizzazione" (si pensi che questi campionati si disputano ogni due anni). Ed hanno in 24 mesi, spudoratamente e senza ritegno, offerto cittadinanza e forse qualche manciata di spiccioli, in cambio del correre ed  indossare la maglia rossa con la mezzaluna. Cosa che ha permesso di passare in questi due anni, dall'ultimo posto della classifica al 4°. Patetica e ridicola poi vedere la corsa (e in questo caso impacciata) di questi poveri atleti Kenioti con tanto però di bandiera Turca fornita dai loro capi federazione per festeggiare una vittoria o dei piazzamenti con  giri d'onore non so quanto sentiti ai fini di amor di patria!! Del resto che cosa non si farebbe per guadagnarsi un tozzo di pane ?
Dicevo che il mio non è puritanesimo da due soldi, perché oggi tutte le nazioni,  sono costituite da squadre la cui "verginità" della stirpe si vede chiaramente, e credo sia anche un bene, perché è un modo inconfutabile di "integrazione": Scandinavi  moreschizzanti con gli occhi azzurri o i capelli biondi, che non eccellono più tanto nei lanci del giavellotto, bensì sulle corse di fondo. Però il fatto che non si veda altrettanto  nei paesi asiatici ed africani, fa comprendere che qualche cosa si muove, seppur molto lentamente e solo da una parte.
I paesi colonialisti già da tempo hanno cominciato in questa operazione di amalgama tra le varie etnie, proprio dovuto alla loro occupazione di territori lontani a cui poi hanno concesso (si fa per dire!) o meglio restituito la loro sovranità. Oggi dopo due, tre generazioni abbiamo nomi occidentali portati da giovani dai tratti africani e devo dire che non ci si fa più assolutamente caso quando si tratta di nazioni come la Gran Bretagna, la Francia, la Germania. la Svezia, la Danimarca, la Spagna. Fa un certo effetto (seppur positivo) il vederlo applicare alle nazioni come l' Italia, che fino ad ieri se aveva tentato, lo aveva fatto con gli "oriundi" del calcio.
Quello che più mi ha impressionato ed in senso positivo, è l'aver potuto vedere e constatare che anche l'Italia, ha scelto di inserire nella nostra squadra elementi che si sono integrati ed altri che sono la nuova generazione nata in Italia (e quindi Italiani, altrimenti come li vogliamo considerare ?), da genitori che si sono invece integrati e, quel che conta non poco, tutti con un italiano parlato perfetto se non addirittura con inflessioni dialettali. E questo è quello che considero la strada giusta e che deve ancor più seguire lo sport,  per dare qualche cosa in più che un semplice gesto sportivo.  
Un esempio che le cose stanno mutando anche nel nostro mondo sportivo, ce lo offre questo giovane le cui sembianze confermano le sue origini, ma il cognome, la sua professione (corre per le Fiamme Oro della Polizia) ed il suo parlare, i suoi gesti, denotano tutto il suo sentirsi italiano : Yemaneberhan Crippa. Un altro giovane entusiasta di un azzurro trovato in Italia è
Jamel Chatbi naturalizzato italiano dal 2012, operaio nel bergamasco.
Ma anche altri paesi si stanno orientando in questa integrazione dovuta appunto al mutamento politico che la globalizzazione ha portato con se con lo sviluppo delle telecomunicazioni, la maggior velocità dei mezzi di trasporto, le emigrazioni bibliche, ma il tutto con un maggiore equilibrio, una certa gradualità.   Salvo appunto i turchi che hanno voluto bruciare le tappe, sputtanandosi, senza attendere i tempi che madre natura richiede in questi mutamenti.
Un'altra furbesca nazione, seppur non nella specialità dell'atletica leggera è la Gran Bretagna che non so mai come vuole essere chiamata. Una Volta GB, un'altra Inghilterra, UK, sgusciante come un'anguilla per il piacere di partecipare alle varie competizioni, a seconda della specialità sportiva, con più formazioni. Più formazioni, più chance. Nel calcio, ( e nel sei Nazioni di Rugby) ad esempio, si presenta come un paese con divisioni interne. Ecco che allora partecipa come Inghilterra, Galles, Scozia, Irlanda del Nord, mentre invece in Atletica è più semplicemente Regno Unito. Se si vuol passare da tonti, passiamoci pure e mi sta bene, ma non diciamo  però che questo serve per aiutare una migliore integrazione tra i popoli, perché questa è solo una sana e furbesca disorganizzazione!
Devo dire che questo amalgamarsi di stati e diverse etnie, nei Campionati Mondiali Juniores tenutisi in Polonia, non è risultata tanto appariscente, sia come Italia che come negli altri stati. Se non per il sottolineare da parte dei giovani partecipanti, ogni volta che erano inquadrati dalla telecamera, con il gesto delle mano e delle dita, ad indicare la propria nazionalità scritta sulla maglietta. Credo che più che attaccamento ai colori nazionali, sia diventata una moda giovanile.
Una cosa invece mi è saltata piacevolmente agli occhi, che mentre gli atleti italiani affermati o in via di affermazione (vedi quelli agli europei) sono sotto la giusta tutela delle squadre militari, che possono offrire quanto meno una retribuzione ed una facilitazione circa i periodi di allenamento e assenza per le gare, quali : Carabinieri, Fiamme Oro, Fiamme Gialle, Fiamme Azzurre, gli Allievi e gli Juniores, come ricordava il commentatore televisivo, vivono ancora grazie alla cura tecnica che le società locali forniscono a questi atleti ancora in erba e destinati a crescere per le attenzioni, i consigli, che i preparatori, solitamente ex atleti forniscono solo grazie alla loro passione. E qui ritorno a ricordare le vecchie, sane, solide, società storiche quali la Riccardi di Milano, l'Atletica Rieti, la Pro Patria Milano, Brixia atletica, Assi Giglio Rosso Firenze, Avis Macerata, ASA Ascoli, da non dimenticare i tanti CUS e lasciatemi ricordare per "dovere di favoritismo" la mia ex SEF Stamura. Ma ce ne sono tantissime altre, molto più piccole, ma ugualmente utili, che vivono e si nutrono solo di passione per questo sport che continua ad essere incontrastatamente "La Regina degli Sport".




di Franco Giannini

giovedì 21 luglio 2016

Io il 26 luglio, mi spiace, vorrei, ma non posso...

A me piace ricordarla così !!
... perchè ? Ma perchè a me, la Piazza semplicemente piace ricordarla così!! 

Puntualizzo subito e senza parole altosonanti, in modo da non essere frainteso, che:
1) di architettura non mi intendo, ma dal momento che è bello ciò che piace, voglio sperare che democraticamente, ancora, mi sia concesso il poter affermare che questa piazza come il famoso presepe della commedia di Eduardo De Filippo, non mi piace.
2) condivido invece, che si debba andare verso una pedonalizzazione dei centri storici.
3) che però per attuare questa soluzione non si può acquistare prima la frusta e poi il cavallo e per la carrozza si vedrà
4) dico questo perchè senza parcheggi, e senza la loro sostituzione con altro che siano navette o simili, la circolazione degli utenti si frena e con essa di conseguenza, calano gli affari dei commercianti, degli artigiani che già sono in affanno.
5) Il comportamento "attiliano" che si è fatto nei confronti del verde, non mi lascia concorde, assolutamente, anzi proprio mi ha scandalizzato.
6) sulla viabilità, non metto bocca, perchè sono profano e non utilizzando, fin che mi sarà possibile e vista la mia stazza, neppure la bici, ma le sole gambe, dovrei dire egoisticamente, tappate qualche buca, ma cadrei  non nelle buche, bensì nel ridicolo.
7) Sugli stemmi, il mio giudizio, seppur non sia uno storico, è anche'esso per un No. Paolo Villaggio li avrebbe definiti con un termine molto colorato. Detto da me, dichiarato mangiapreti, risulterei di parte... e sarebbe anche vero, un No a prescindere. 
Però devo dire che in questo periodo, in cui la battaglia si è riaccesa, perchè il fatidico taglio del nastro è alle porte, e nel mentre che qualcuno prende appuntamento con il parrucchiere, le signore stanno scegliendo il vestito migliore, molte voci che invece remano contro ed a cui si è dato fiato e che ad onor del vero, mi hanno perfino rattristato, si stanno scatenando sulle pagine di FB.
Se solo fossi un comandante rivoluzionario d'altri tempi, leggendo i commenti postati su FB mi sentirei di aver già conquistato il potere, per come vanno tutti (quasi tutti, non ci allarghiamo!) contro l' Amministrazione per le decisioni (leggendo, oserei dire impopolari) prese sulla "piazza della discordia". Ma sarei ancor certo, l'indomani, di ritrovarmi anch'io nudo (il che non sarebbe un bel vedere!) come i golpisti turchi. E prima non andava bene la deforestazione, poi l'abolizione del parcheggio, poi gli stemmi, poi la viabilità, poi, poi, poi... poi hanno fatto come a loro piaceva (a me no!!) ed a cui ha fatto seguito la loro dichiarazione democratica e da Marche se del Grillo, di aver vinto anche questa volta 10 a 0. (Il che non è una novità, se non ricordo male al tempo delle lotte per la Complanare - se non vado errato - usò un termine similare e meno educato con il dire :" Anche questa volta glielo abbiamo messo in @@@@"). Per loro quindi la valutazione non sta sul fatto se è cosa buona, ma una semplice partita di calcio, scapoli contro ammogliati. 
Lo voglio ricordare così
A questo punto, è vicino il 26 luglio, ed allora dobbiamo chiederci sportivamente parlando :Vincono loro in casa (come dicono e come anche io credo) o vincono i rivoluzionari facebocchiani senza macchia e senza paura che per leggere tutti i loro commenti devi dedicare un paio d'ore tante numerose sono le loro presenze?? Sembrerebbe, ma è solo in apparenza, che l'ago della bilancia sia rivolto verso questa schiera di valorosi del click, armati di solo cuore (?) e tastiera. Ora però siamo ai bilanci veri (ed inutili perchè tutto è già deciso!) seppur per il solo piacere di contestar loro i numeri. Arbitri indiscussi di questo calcolo, saranno ancora una volta o il questurino di turno con carta e matita a cui farà seguito il solito arrotondamento o la vera prova del nove...una bella foto a colori della deserta (o quasi) piazza contestata, affollata dalla sola banda musicale invitata a fare numero e la fascia tricolore circondata dai suoi uomini di fiducia. E magari con il Clero a origliare dietro le tende delle finestre del vescovado ora totalmente libere nella visuale a tutto campo della piazza, ma come è loro abitudine e come hanno sempre fatto, senza schierarsi... alla luce del sole! Ma sono più che certo che la mia è solo e così resterà, una pia illusione, perchè molti di coloro che hanno scritto contro, ovvero i singoli, ma anche le sigle sindacali, i partiti dell'opposizione, i commercianti, ecc, ecc, saranno i primi ad essere presenti, nascondendosi dietro la solita frase che usano spesso in questi casi e come fanno solitamente coloro che sanno di essere in torto ed hanno qualche cosa da farsi perdonare..."ero li solo per curiosità". Ed è proprio per questo motivo che credo che "Il Gattopardo" in Italia sia ancora un libro di una attualità pazzescamente esasperante.





di Franco Giannini 

Ma ecco che ieri, carinamente, educatamente, gentilmente mi sono cominciati ad arrivare degli inviti di partecipazione per i festeggiamenti che seguiranno all'inaugurazione della rinnovata Piazza del Duomo, alias degli Stemmi Pontifici, alias Giuseppe Garibaldi, alias... quello che sarà lasciamolo dire ai Posteri che toccando con mano potranno di certo essere più veritieri e meno enfatici e vanitosi. Altrettanto allora mi sono sentito di fare, sempre  carinamente, educatamente e gentilmente, mettendo un "Mi piace" all'invito postato sul social network, come sembra sia di moda oggi "fighettianamente" per giocare a fare gli educati ironici, unitamente a due parole di ringraziamento e sentite scuse :
"Sto ricevendo inviti per la sera di Martedì 26 cm. da cari amici ed amici dei miei cari amici. Per evitare di dover rispondere singolarmente a tutti, ne faccio una tantum. In primis GRAZIE a tutti, per secondo, con dispiacere, devo però rispondere che non potrò partecipare all'invito, semplicemente perchè sono tremendamente superstizioso (e per l'occasione, falso) per cui visto come canta il proverbio :" Né di Venere né di Marte, non si sposa non si parte, né si dà principio all'arte" preferisco evitare. Grazie anticipatamente per la vostra risposta (che immagino) che altrettanto gentimente contraccambio. Buon Divertimento. "

martedì 19 luglio 2016

Lo Sport di oggi è quel ...

...lo che italianamente da sportivo sprofondato in poltrona, vado ad analizzare, a modo mio, mescolando i vecchi ricordi con il nuovo che avanza.

E che c'era di meglio, dovendo parlare di Tour, di Giro, di ciclismo, di sudore, di pensiero Decoubertiano, di che cosa sia  una rivalità-sportiva e nel contempo cavalleresca, se non il mettere in copertina questa foto che tutti, anche i più giovani, conoscono. O voglio sperare che così sia!
Due miti delle sport delle due ruote a motore umano, Bartali con la maglia della nazionale e Coppi con quella Gialla da leader del Tour de France. Se non vado errato, credo fossimo nel 1952. Mi atteggio ad acculturato, ma è solo frutto di semplici ricerche, infatti non potevo ricordarmelo in quanto all'epoca avevo appena dieci anni e si era nella tappa Losanna-Alpe d' Huez in cui furono immortalati nel giallo della bottiglia. In questa foto c'è il sunto, del mistero del di chi era quella bottiglia o chi era che la porgeva a chi. Insomma la storia di un certo tipo di ciclismo oggi, diciamo tra virgolette, "Superato". 
Intanto sono in molti che parlano di borraccia, ma l'oggetto di scambio era una bottiglia. Se si fosse trattato di borraccia, quella presumibilmente doveva essere di Coppi, i cui contenitori sulla sua bicicletta risultano come si vede dalla foto, vuoti, mentre quelli di Bartali, sono occupati. Ma lasciamo ai posteri continuare a rimuginare sul chi aiuti chi ed invece vado ad osservare quella maglia della nazionale, che ha smesso di essere indossata al Tour, di quei tubolari indossati a croce per le forature in assenza dell' Ammiraglia, l'acciotolato polveroso delle strade non di certo asfaltate, le infinite diavolerie tecniche anch'esse superate e che gli amanti della bici riconosceranno sicuramente in primis nella quantità de numero di rapporti ed nel peso della bici, ed ancora, la mancanza del caschetto di protezione, la quasi totale assenza d' impecettamento su maglie e pantaloni dei loghi degli sponsor.
Quindi, come dicevo sulla prima parte di questo pistolotto para sportivo, mi sono messo davanti allo schermo, seppur preparato ad osservare dei cambiamenti, ma ho faticato non poco (ed ancora mi è difficile ritrovarmi seppur mentre scrivo ho la TV sintonizzata sul Tour) ad adeguarmi alla routine quotidiana del Chi, come, cosa, quando, la corsa prevede.
Già i nomi mi sono tutti nuovi, ma la cosa logicamente non può sorprendere se uno non segue assiduamente. Ma il problema è che non conosco neppure quelli italiani e non parlo come visi, ma anche solo per sentiti dire. Evidentemente ciò sta a significare che anche i successi dei nostri colori  non dovrebbero essere, da tempo, dei più eccelsi. Se solo penso che un certo Luigi Malabrocca era salito alla ribalta della cronaca per aver indossato la Maglia Nera per ben due Giri d' Italia, lottando per occupare l'ultimo posto in classifica. Cosa non facile e per l'appunto che veniva pagata anch'essa con un premio in denaro.
Non seguivo, dicevo, già più con assiduità il ciclismo, ma ricordo bene Bitossi, Gimondi, Moser, Saronni, Bugno, Cipollini per non parlare del "Pirata" alias Marco Pantani, ma l'impressione è che poi qualche cosa, dopo questi indiscussi campioni, si è, come dire, "ammosciato".
Si, per carità, ho sentito nominare Nibali, il mio corregionale Scarponi,  Dunego, ma ho l'impressione che siano stelle con una scia di luce di breve durata e la cui luce si possa ammirare senza un vetrino affumicato.
Sono andato a leggermi i nomi dei partecipanti italiani al Tour che si sta correndo ed ho ritrovato Aru e Nibali nei rispettivi ruoli di capitano ed aiuto o suo vice come più piace classificarlo, nella squadra kazaka dell'Astana. La compagine con più italiani in gara al suo interno, unitamente con Rosa e Tiralongo. Nella Tinkoff del rinomato Contador che per due cadute ha già dovuto abbandonare la kermesse, troviamo Gatto e Tosatto. Nella AG2R troviamo Pozzovivo. Nella BMC incontriamo invece Caruso. Nella Bora un altro italiano: Benedetti. Nella Katusha è presente Guarnieri. In quella famosa Lampre  (in cui era accasato Saronni), troviamo altri due cognomi italiani : Bono e Cimolai. ed infine nella Etixx a parlare italiano è Sabatini. Appena 13 italiani, di cui un paio con il compito dicevo di capitani, con gli altri 11 a svolgere il compito di "militari di truppa" (, per carità, utilissimi anche questi, anzi di più, ma comunque con nomi conosciuti da pochi). Un guazzabuglio di lingue, di marchi, di connazionali che si aiutano e si combattono a seconda di chi venga gestito il soldo da mercenario. Ieri le squadre racchiudevano la vecchia Europa Occidentale, oggi la globalizzazione ha portati tanti altri paesi a scoprire oltre che la bici, un possibilità di sport retribuito. Ieri il fare il mercenario (seppur in senso militare) era un po' sintomo di un qualche cosa di cui sentirsi  poco orgogliosi. Oggi invece i tempi sono cambiati, il termine si è spogliato del militaresco e anche questo termine è divenuto di moda non solo nella bici, ma in numerosi sport.
Io comunque ricordo con piacere quei dieci uomini in azzurro che portavano avanti la nostra squadra nazionale e che sulle strade delle corse a tappe erano tutti per uno ed uno per tutti e nelle strade di quei tempi la gente si soffermava sotto le finestre dove qualcuno generosamente divideva la cronaca radiofonica dell'arrivo della tappa dove in fuga c'era un azzurro, un italiano.
Oggi, se non segui volutamente i giornali potresti pensare che l' Astana è una squadra italiana in cui militano quattro italiani, quando invece è il nome della capitale del Kazakistan e l'ufficiale pagatore sono le maggiori industrie di quel paese, ovviamente di lingua russa.
Vedevo e vedo in queste tappe di montagna scalare tornanti con un passo che una volta si riteneva impossibile, tanta è la velocità con cui vengono superati. Gli scatti sembrano divenuti impossibili, perché ora quegli stessi gregari di un tempo, quelli che una volta erano solo portatori di beveraggi fintanto che il capitano navigava nella pancia del gruppo e poi lasciavano e venivano lasciati al loro destino, non appena si "saliva", a lottare con una perenne sfida contro l'entrare in quel "tempo massimo", pena la squalifica. Ora dicevo, in salita questi nuovi gragari di lusso, tengono il gruppo in fila indiana (la squadra di Sky ce lo dimostra ad ogni tappa) e mettono in pensiero di già qualche capitano di qualche altra concorrente.
Guardando i filmati datati dei vecchi campioni, che spingevano oltre che con la forze delle gambe, anche, scompostamente, quelle delle spalle, quasi a premere sul pedale di spinta con entrambe e paragonandolo con quello di questi attuali atleti, invece perfettamente in asso con il telaio, tutti belli diritti, con una pedalata rotonda apparentemente senza sforzo, con il loro casco perfettamente calzato sul capo, più che gregari dei fighetti da primi della classe, il cui termometro della fatica che fanno, può essere dato dalla maglietta con la semplice zip aperta o totalmente o fino a metà torace che lascia intravedere il cardiofrequenzimetro, ti porta o mi porta a chiedermi quali fossero i più bravi se loro o i loro nonni. Ma mi chiedo se ci sia  un metro di paragone per stilare una tale classifica?
Credo che sia impossibile poterla fare.
Se il dislivello delle montagne non è mutato, quello che è cambiato sono le strade, che oggi, seppur malandate con criticabili asfaltature, quelle di ieri erano strade di terra battuta poco paragonabili, tanto che le forature erano un evento normale. Il peso delle bici è diminuito e neppure poco, ed oggi il regolamento impone che esso per problemi di sicurezza non scenda sotto i 6,8 kg . Le prime bici dei primordi del Giro andavano intorno ad un peso di 14/16 Kg. e portarsi in salita 8 dieci chili, alla fine credo si facessero sentire. Non parliamo poi delle innovazioni che nel tempo ha apportato quello che io  chiamo per semplicità e per ignoranza tecnica semplicemente "Gruppo Cambio". Poi ulteriori evoluzioni le abbiamo avute sui materiali e sulle dimensioni delle ruote, sul numero dei raggi. Qualcuno parla anche della tipologia di allenamento, sull'alimentazione e sul numero di gare che si fanno nel corso dell'anno. E se proprio si vuol cercare il pelo sull'uovo, metterei anche il ruolo che svolge l'Ammiraglia con all'interno il Direttore Tecnico, ovvero lo stratega della formazione. Collegato con ciascun suo corridore via radio, può vivere la vita all'interno del gruppo, conoscere in che condizioni sono le gambe del chi di turno e decidere il momento d' impartire il suo ordine per l'andare in fuga, alzare il numero delle pedalate, andare in testa al gruppo o partecipare alla fuga si, ma evitando di tirare.
Oggi è tutto più spettacolare tecnicamente parlando, perché si va più veloci, le medie finali di un Giro o di un Tour si avvicinano a quello di un 50ino truccato, solo che le bici sono senza motore se non la spinta delle gambe. In discesa si toccano velocità che superano anche i 90 km/h, tanto da farti pensare che sopra quella due ruote non ci sia un atleta, ma un pazzo.
E questa ultima analisi mi porta ad una considerazione che mi fa dire che ciò che non è mai mutato e venuto a mancare nel corso di questo secolo di corse è l'encomiabile stoicità di questi ragazzi, quando sono coinvolti nelle cadute. La prima cosa a cui pensavano e pensano è rimettersi in piedi e recuperare la bici. Poi solo una volta in sella e doloranti, dopo la prima pedalata, cominciavano a fare un inventario dei danni subiti: vedevi la maglietta strappata da cui sporgeva una spalla sanguinante, cosce come passate sulla carta vetrata e questo quando era o è andata alla grande. Perché ci sono casi anche di fratture che stringendo i denti e quando si è "fortunati", supportati da qualche compagno di squadra si porta i cocci fino all'arrivo, perché poi con il santo massaggiatore la notte porta consiglio e domani è un altro giorno e si vedrà.
Comunque credo che la parte più bella ed in un certo senso più epica di questo sport, riguardi i tempi passati. In cui raramente si arrivava in gruppo al traguardo e la vittoria la si guadagnava con uno sprint. Oggi invece, dopo tappe di oltre 200 Km fatti a passo turistico per poi sparare tutte le cartucce in 10/15 km a spron battuto, l'arrivo è raccolto in una mega volata di 250 metri. E spesso questa tipologia di arrivo la si ha anche nelle tappe di montagna dove il tutto si conclude solo con qualche secondo di distacco unitamente a quelli inseriti di abbuono posti apposta per indorare la pillola agli scalatori.
Quelle tappe di altura che i nostri campioni di un tempo, invece vincevano con diversi minuti di distacco, e le loro smorfie di fatica miste a quelle di gioia scomparivano sotto le maschere di fango.
Chissà se sono solo un nostalgico di quegli uomini su quelle vecchie bici, o forse un po' masochista (ed egoista!), dal momento che io non pedalo, ma sto in poltrona, ma vedrei bene, non potendo alzare le cime e rendere le strade meno praticabili (anche se per far questo non servirebbe troppo impegno), io aumenterei il peso delle bici e non di qualche grammo, bensì di qualche chilo. Corse più lente, meno pericolose, ma dove ad emergere oltre che la tecnologia, ritorni primaria la forza fisica dell'uomo atleta.





di Franco Giannini

venerdì 15 luglio 2016

La superficialità di chiamarli anche "Programmi TV di intrattenimento pomeridiano" !

E' proprio vero allora che la vergogna non ha limiti!

Ho la sensazione che certi produttori di programmi televisivi pomeridiani siano, ma nel senso contrario, come quei vagabondi incalliti che cercano lavoro, vivendo nella speranza di non trovalo mai. Loro invece, dovendo la loro sopravvivenza alle notizie di cronaca nera, sperano che alla fine di ognuna di queste, ce ne sia  subito un'altra degna della loro attenzione, ma che non si accavalli troppo con quella di cui si sta parlando.
E devo dire che coabitando in un mondo "immondo" come quello in cui si vive, il lavoro, per costoro purtroppo, come per i necrofori (quasi dei loro colleghi!), non manca di certo. Anzi si accavalla!!
Ma quello che più da fastidio ( il termine più giusto credo sarebbe "fa ribrezzo") è che spacciano queste notizie, qualcuno come approfondimenti giornalistici, quando di giornalismo assolutamente non hanno nulla, trattandosi solo di "gossip" cinici basati sulle lacrime delle persone coinvolte in questi fatti ed altri invece ancora più sfacciati dei primi, come Programmi di Intrattenimento Pomeridiano.
Intrattenimento? fatto di che cosa ? di lacrime, sangue, morti, vedove e orfani ? E' questo che sfacciatamente lo si vuol far passare per una specie di  passatempo ? Ma vergogna !!
Si guardi bene che non sono qui per criticare i servizi speciali giornalistici TV che scattano in caso particolarissimi e di grande gravità. Servizi prettamente appunto "giornalistici" fatti da chi svolge questa tipologia di professione giustamente.
Sono a criticare quelli che sul dolore delle disgrazie altrui, ci mettono le mani, usano la retorica buonista strappalacrime facendoci su la zuppa, dichiarandosi giornalisti, seppur solo sulla carta o al massimo degli "attori-velinari"
Su ogni "avvenimento" costoro, puntano i fari per tre o quattro giorni che vanno dalla scoperta del fattaccio, all' eventuale autopsia del cadavere o dei cadaveri, all'intervista ai parenti con le lacrime agli occhi, fino a giungere alla cerimonia funebre. Salvo poi riprendere il tutto quando si apre il processo, costruendone contemporaneamente con un altro arruffato da avanspettacolo, parallelo a quello ufficale.
I conduttori poi sono soliti circondarsi sempre di esperti acculturati (o anche attori ed attrici sulla via del tramonto che si prestano ad interpretare le parti di patetici opinionisti tuttologi!), solitamente però dei docenti, tutti agghindati, di bella presenza e spesso anche accalorati nei loro interventi pieni delle loro assolute verità . 
Psichiatri, psicologi, magistrati, avvocati, medici, giornalisti che vengono via via  presentati con nomi "venduti" al telespettatore sempre come altisonanti e super conosciuti, ma che a pensarci bene, se hanno tanto tempo (alcuni di loro sono quasi diventati personaggi fissi di queste trasmissioni!) da perdere per partecipare a questi incontri salottieri, evidentemente sta a significare che i loro studi professionistici non sentono troppo della mancanza della loro presenza e che se lo fanno è perchè forse meglio guadagnarsi "un gettone di presenza" che attendere un cliente in studio che non si sa poi se alla fine arriverà.
Ai fatti di cronaca nera, si sono poi aggiunti anche quelli degli attentati jihadisti, degli incidenti stradali, delle catastrofi ambientali, perchè dove ci sono lacrime e dolore c'è anche quella famosa audiece di cui costoro si nutrono. Poi ultimo in ordine di tempo, si è aggiunto quello dell'incidente ferroviario pugliese (Andria-Corato).
Neppure il tempo di crearci su un collegamento ad hoc
con il coinvolgimento di esperti ferroviari di ogni settore, che ecco che oggi si devono sobbarcare di nuovo lavoro : L' attentato di Nizza dove non è chiaro ancora il numero delle vittime (si parla di una ottantina), ma si sa che moltissimi sono i bambini. Tanti gli "esperti" già tutti schierati in poltrona, con alcuni che passano anche da uno studio all'altro (che sia per qualcuno una pacchia economica??). Tanta è la commozione che i conduttori vogliono creare in studio e che vorrebbero che bucasse anche lo schermo. Poi li vedi - e li senti - che improvvisamente tagliano con bruschi gesti della mano, interrompendo sgarbattamente (ma chi se ne frega, certe gentilezze neppure le si usano con i famigliari delle vittime!!) i loro colleghi presenti sul luogo dell'attentato che li stavano ragguagliando su qualche cosa lasciato a metà,  solo perché incombe, come dicono i conduttori, "appena qualche minuto di pubblicità".  Come si sa Sua Maestà la Pubblicità, qualunque essa sia dai detersivi, agli shampo, alle auto, ai prodotti mangerecci, ecc, non si può farla attendere ed ha la precedenza assoluta anche sulle lacrime. Anzi più è "bagnata", più porta indici alti di ascolto, di business...
E questo mi lascia un grande amaro in bocca, del resto i proverbi raramente sbagliano : "chi muore giace e chi vive si da pace". Da oggi forse va aggiunto però anche : "perché l'essere umano ha perso ogni rispetto... in primis per se stesso!"
 




di Franco Giannini

mercoledì 13 luglio 2016

Lo Sport di oggi è quel cocktail agitato nell' enorme shaker...


... dove però viene a mancare l' aroma dell' ingrediente principale, che una volta De Coubertin consigliava. 

Sarà che il tempo passa, sarà che certi ricordi, certi interessi, senza conoscerne il motivo ti assalgono e ti riprendono così, all'improvviso, sarà che con l'età si diventa un po' dei "ruminanti", per qualcuno classificati come dei rompiballe, mentre per altri (forse i più falsi) dei filosofi e grandi osservatori, il fatto è che mi sono trovato a seguire tre avvenimenti sportivi, come da tempo non facevo più. (prima parte : il Calcio).
E più esattamente, la concomitanza dei campionati europei di calcio, del Tour de France e dei Campionati Europei di quella che è considerata la Regina degli Sport : l' Atletica Leggera. 
Le mie riminiscenze sportive da convinto "broccolo" di atleta praticante, nascono nei lontani anni di fine '50 (credo 56/57) da prima come mancato canottiere e con il successivo e definitivo sbarco, dopo neppure un anno, nel sodalizio della storica società anconetana della SEF Stamura, nel settore appunto, dell'Atletica Leggera. Più esattamente nei lanci. Settore dove sono cresciuto, sia di peso corporeo, che di statura, di età, rispettando coscienziosamente di lasciare invariato invece il mio livello di risultati, sempre alquanto scadente, malgrado l'impegno. Ero infatti, diciamo un "atleta" che aveva abbracciato con passione il detto Decoubertiano dell' "essenziale partecipare". Però devo dire che il vivere in quell'ambiente mi fa dire anche oggi, dopo il trascorso di una vita, che quelli sono stati anni (fino al '68) che ricordo sempre con grande piacere e con un pizzico di rimpianto... valli a riprendere, infatti!
Dicevo che quindi mi sono rispaparazzato in poltrona come nel 1960, anno delle Olimpiadi di Roma, cercando di rivivere le stesse sensazioni, con la sola differenza, non immediatamente considerata, di avere 56 anni in più sulla schiena e una tecnologia TV  che non mi ha fatto di certo rimpiangere il vecchio televisore di quel tempo.
E fosse stato solo per quello!!!
Di certo non voglio fare il puritano, ma quando parlavo del motto decubertiano, sapevo che i tempi nel frattempo erano mutati e che in quello shaker gli ingredienti principali contenuti in quel giuramento che fa l'atleta alle olimpiadi moderne :" A nome di tutti i concorrenti, prometto che prenderò parte a questi Giochi Olimpici rispettando e osservando le regole che li governano, impegnandoci nel vero spirito della sportività per uno sport senza doping e senza droghe, per la gloria dello sport e l'onore della mia squadra." erano mutati in : denaro, quattrini, soldi.
Sport, orgoglio della partecipazione, colore della maglia, occupano un posto molto limitato, sempre più ristretto, che il "quanto basta" è stato sostituito da "non serve" nella preparazione di questo cocktail che poi vogliono offrici e darci a bere, come prestazioni sportive.
Quelle società sportive che una volta avevano valori anche educativi, oggi sono quotate in borsa e così facendo hanno assunto il ruolo di Industrie. Quindi lo sport è divenuta un 'industria. E come si sa nell'industria il primo obiettivo è fare business che porti utili. Il come non ha importanza ed il fine giustifica i mezzi. Quindi del sociale ed dell'educativo non c'è rimasto più nulla, perché di questo non gliene frega nulla!!
Il concetto dell' indossare la famosa "Maglia Azzurra", o la sospirata "Convocazione", o la chiamata ai "Collegiali" (almeno nell'atletica di un dì erano traguardi che ti portavi per tutta la vita sportiva, oggi, almeno da quel che si vede, si legge e si sente, procurano invece quasi disturbo, anzi senza il quasi.
Poi più lo sport si fa professionistico, fino a giungere livelli "demenziali" quali quelli toccati con gli ingaggi calcistici, una chiamata in "Nazionale" crea problemi alla società che all' Atleta prescelto. Il timore che si faccia male e che pregiudichi un campionato o una coppa, non ha lo stesso prezzo di una partita con lo scopo di far salire il tricolore sul pennone o sul gradino più alto del podio.
Allora, parlo per il calcio, ci si va con un benestare rilasciato a denti stretti dalla società e condiviso allo stesso modo dal giocatore. Salvo,... salvo, che non si sia dei big da valorizzare (perché anche tra i bravi esiste un livello!!), perché rattoppati per recenti infortuni e quindi in fase di rivalutazione, o degli sbarbatelli che devono dimostrare che il momento di celebrità di cui godono al momento, non si è trattato di un colpo di c..o, ma è dovuta alla loro reale vera abilità.
In questi Campionati europei di calcio, gli stessi commentatori televisivi, hanno tirato fuori il metro comparatore del valore globale (in soldoni!!) di ciascuna squadra, criticando poi che questo valore non confermava quello sportivo. Dimostrazione venuta dalla cenerentola dei campionati, da quella Islanda che "drogata" dal piacere di partecipare, dall'entusiasmo di esserci, dalla soddisfazione di far soffrire "quelli" con la puzza sotto il naso, si è guadagnata la simpatia del mondo calcistico  procurando lacrime ed amaro in bocca ad altre loro colleghe più quotate (sulla carta!).
Non entro di certo sulla tecnicità che si è potuta vedere durante questi campionati, non capisco nulla delle tattiche calcistiche, sono più un osservatore di quello che offre il genere umano (visto dal mio punto di vista che non è quello di uno studioso... ma quando mai ho studiato, io, in vita mia), da semplice osservatore, forse un po' criticone, anzi senza il forse. Ma le lacrime che ho veduto alla fine di ogni singolo evento, che per alcuni ho sentito hanno toccato il cuore, con tutta sincerità, andrò contro corrente, vi prego di scusarmi, ma avevano quasi (non voglio generalizzare) tutte un interesse personale. Chi ha sbagliato i calci di rigore, perché la sua quotazione borsistica potrebbe abbassarsi, chi perché è stato convocato e non ha giocato, perdendo l'occasione di alzare la sua quotazione di mercato, chi perché ha perduto l'occasione e vista l'età non sa se gli si ripresenterà l'occasione per inserire questo titolo nel suo medagliere, chi perché visto come ha giocato si aspetta un ribasso sulla quotazione del mercato che si è appena messo in movimento, chi perché essendosi fatto male, non sa se alla fine della guarigione il suo stato di salute non gli precluderà il proseguo della sua carriera al 100% di come era quando lo hanno portato a questi "stupidi" europei. Chi poi piange perché veramente addolorato... ma basta le dita di una mano, credo, per contenere tutta questa tipologia di partecipanti.
Poi si sa, c'è chi non piange, ma un grosso magone gli resterà per sempre e chi piange delle lacrime che domani saranno asciugate e preso dimenticate.
Del resto loro sono giovani, belli (non tutti, ma i quattrini aiuta!), ricchi e di professione fanno gli sportivi, ed allora il colore della bandiera, l'inno, l'emozione di rappresentare...semplice folclorismo!!
Forse, ma chi lo dice è un vecchio che vive di questa tipologia di rimpianti, non sono degli sportivi, sono più semplicemente degli Atleti mercenari. E "sapppivatttelo" di differenza ce ne passa!!





di Franco Giannini

lunedì 4 luglio 2016

Lettera aperta al Principe Antonio De Curtis in arte " TOTO' " !!

Passa il tempo ed evidentemente cambiano gli atteggiamenti dell'uomo nei confronti degli aspetti che la vita quotidiana ci offre.

"Caro PrincipeTotò,
Ma si, diamoci del tu. Considerato che il finale della poesia, tra le tue forse la migliore, 'A livella, me ne da l'autorizzazione decretando che con il sopraggiungere della morte si diventa tutti uguali.
Si, in verità tu mi hai preceduto nel viaggio, ma io nel frattempo quaggiù, ho raggiunto quell'età che ti porta a sederti nella sala d'attesa delle partenze munito del solo biglietto di andata, e per "ammazzare" il tempo (e ti giuro che non è cosa difficile visto il mondo in cui si vive), vede, legge, s'informa ed alla fine tutto questo m' impone di formularmi un' infinità di interrogativi.
Mi sono riletto proprio ieri la conclusione della tua poesia di cui sopra :
'A morte 'o ssaje ched'e".... e una livella.

'Nu rre, 'nu maggistrato, 'nu grand'ommo,
trasenno stu canciello ha fatt' 'o punto
c'ha perzo tutto, 'a vita e pure 'o nomme
tu nun t'he fatto ancora chistu cunto?

Perciò, stamme a ssenti... nun fa' 'o restivo,
suppuorteme vicino - che te 'mporta?
Sti ppagliacciate 'e ffanno sulo 'e vive:
nuje simmo serie... appartenimmo â morte!"

ed ho provato la sensazione che come quelle vecchie case patrizie, aristocratiche, ma oggi cadenti, seppur vissero giorni opulenti tra stucchi, arazzi e dipinti, dopo anni di gloria, hanno necessità di un restauro. E così anche la tua poesia credo abbia necessità di una rinfrescata. Ed in questo caso non certo per renderla più bella, sicuramente solo più attuale
Si lo so la pubblicazione è, sempre che non vada errato, del  1964 e tu uomo credente e che in punto di morte lasciasti detto ai posteri : «Ricordatevi che sono cattolico, apostolico, romano» non potevi che vedere che un animo umano che a questa ramanzina e confidando che questa avrebbe aperto la mente e portato il novello aspirante alla soglia di San Pietro, si sarebbe pentito e ravveduto.
Invece, caro Principe, dopo oltre 50 anni dalla tua lezione di vita, le cose ho l'impressione che vadano peggiorando. E non certo lentamente!!
La TV ci mostra ogni giorno documentari cruenti, dove il colore dominante è il rosso del sangue ( tu, fortunato, hai conosciuto solo quella in B/N), dove da sottofondo c'è la voce del pietoso velinaro/a di turno che avverte lo spettatore, che le prossime immagini saranno dure da vedere per gli animi più sensibili. La morte è entrate nelle nostre case e non fa più paura, anzi crea curiosità. Ed è per questa curiosità, che definisco morbosa, che le TV mandano previo l'avvertirti e quindi il loro lavarsi le mani, quello che l'utente desidera vedere e che quindi la TV intervalla sistematicamente con i loro minuti di pubblicità che definiscono "tassativa".
Poi c'è INTERNET, con i loro social network (anche questi te li sei perduti, fortunatamente!), dove puoi vedere le scene più scabrose, quelle che la TV si autoimpone di non farti vedere (figurati) e che invece i naviganti dei network, hanno registrato con i telefoni cellulari (anche questi te li sei perduti!!) in foto-video-audio da chiunque ne possieda uno. Cioè da tutti coloro che oggi abitano la faccia della terra. Ed allora, e la cosa è tragica, vedi come durante un terremoto ci sia quello che riprende le scene di palazzi che crollano e la gente che resta sotto, o quello che in attentato in un aeroporto, non corre a mettersi in salvo, ma riprende l'attentatore di turno che spara, la vittima che cade e il sangue che la circonda. Quasi un sadico sentire il piacere nell'assistere al dolore o alla morte Oggi la chiamano invece "immagini cruente di cronaca". Morti che poi il giorno dopo vengono avvolte in frasi gocciolanti di retorica, di falso pietismo, ma sempre con il sottofondo di scorci (quelli più crudi) dell'avvenimento.
Ma veniamo a te ed alla tua ristrutturazione dell'animo in partenza per l' Aldilà. 
Queste morti non hanno la stessa valenza, lo stesso periodo di attenzione, le stesse parole (immancabilmente come dicevo, retoriche). Vanno classificate a seconda dove esse avvengono. Se avvengono nei paesi ricchi, hanno la giusta attenzione per conoscere chi erano le vittime, le loro biografie, le famiglie che queste lasciano. Non solo, ma essendo avvenute in pochi giorni una serie di attentati da parte dei fanatici dell' ISIS, in concomitanza dei campionati europei di calcio che si svolgono in Francia (altro paese colpito recentemente da questi delinquenti!), su quell'Internet di cui ti parlavo, si sono scatenati commenti non sulle morti, ma sul fatto di come essi siano stati ricordati in fase di manifestazione. Io mi chiedo allora se forse non sarebbe stato moralmente più giusto e conveniente fermarla del tutto e non fare solo i perbenisti per un minuto
Non solo, ma può sembrare il mio un razzismo alla rovescia, (e giuro che non lo sono ne al diritto e neppure alla rovescia!) ma è questa solo la mia sensazione, che se a rimetterci la pelle sono degli occidentali (figuriamoci poi se nazionali), il risalto che si da, è maggiore, rispetto a quello che si ha quando ad essere colpiti sono quelli di altre etnie. Per avere una conferma su quanto sto dicendo, è sufficiente accendere la TV.
Si veda quello all' aereoporto Ataturk di Istanbul, o quello di Dacca in Bangladesh con molte vittime occidentali (in quest'ultimo nove italiani) ed allora ci sentiamo tutti inorriditi.  La sensazione di malessere che si ha leggendo le loro storie, certo tocca maggiormente il nostro stato emotivo.
Ciò non toglie però che il giorno dopo, due scoppi contemporanei ad un Centro Commerciale di Baghdad fa oltre 200 morti e circa 300 feriti (coinvolti un numero imprecisato di bambini) e sia immagini che commenti, seppur ci siano stati, non sono stati però così coinvolgenti e commoventi come i precedenti. Nessuna biografia, nessuna storia commovente da narrare. Tutti dei perfetti anonimi. Dei numeri. Eppure, come portano alcuni giornali, molte di queste ultime vittime stavano guardando quando sono avvenuti gli attentati, grazie sempre ad INTERNET caro Totò, quegli stessi campionati europei di calcio sul cui "terreno polemico" si sono svolti commenti, che per risultare umani e buonisti, hanno assunto quello della pateticità o quanto meno un grado di puerilità mescolando il sacro (la morte) con il profano (lo sport).
E lo dico io, caro De Curtis, che non sono cattolico, apostolico, romano o se lo sono, è solo sulla carta. E neppure sono un pentito dell'ultima ora per motivo di interesse e rufianismo. Ma la morte per me, merita rispetto, qualunque essa sia la professione della vittima, che la sua cittadinanza, il colore della pelle, il suo grado di istruzione, l'ammontare del suo reddito, la sua religione, il suo credo politico, la sua appartenenza ad una squadra sportiva, ecc.
E quello che più mi spiace (perchè guardo con un certo compiaciuto egoismo chi ha la Fede, ma quella vera!) è che vedo che più ci s'inginocchia e si pronuncia il "mea culpa mea culpa mea maxima culpa", che si scambiano il segno di pace, ma poi al "ite missa est", appena fuori ritornano ad essere egoisti e pensare prima per se stessi.
Non so se riterrai opportuno modificare quei tuoi versi, la vedo dura, di certo va solo a te, il mio sincero Grazie, paziente Principe De Curtis, per aver avuto la bontà di ascoltarmi fin qui, permettendomi di scaricare una parte di quel veleno che certe situazioni mi creano in corpo.
Il tuo sempre affezionato ammiratore
FG  "




di Franco Giannini